venerdì 14 marzo 2014

beyond the pale

Il letto di Haggerty è un groviglio di coperte e carne, di dita che scivolano e sguardi che si intrecciano come tessuti, di polmoni che si gonfiano di ossigeno e si sgonfiano in respiri quasi mozzati. 
La linea della schiena di Eivor è tesa in una curva morbida, che rende giustizia alla pressione languida di un addome contro l'altro.
Si allunga, prova a baciarlo, lui si scansa, lei gli serra la mascella fra le dita e cerca di forzarlo a guardarla nella semioscurità un po' pigra dell'appartamento. Sente i muscoli del collo che si tendono nello sforzo di disobbedirle, per farle scontare gli ultimi diverbi. Le gambe le si serrano istintivamente contro i suoi fianchi e le unghie quasi gli incidono la pelle sotto la barba, finché non viene tirata all'indietro, con una manciata di capelli biondi tenuti saldi in un palmo di mano.
Non ha percezione del proprio corpo, né di null'altro nell'universo al di fuori dei dei capelli tesi che pizzicano il cuoio capelluto come tanti piccoli spilli.
Un momento dopo è lui a cercare le sue, di labbra, ed è lei a negargliele, sorridendo per ripicca mentre lo rifiuta, opponendosi un po' per gioco ed un po' perché anche lei ha qualcosa da fargli scontare, sebbene non ricordi esattamente cosa - forse solo il bacio rifiutato un istante prima.
Eivor Edwards ha combattuto a lungo, ma nessuna battaglia le è mai sembrata più dolce di quella che sta perdendo, e che le sta facendo sentire i muscoli contratti, resi compatti da una sensazione pulsante che si assesta a metà strada fra gambe e stomaco.
Resiste stancamente, per inerzia, senza saper dire dove finisca il proprio corpo e dove inizi il suo, in una continuità armonica che segue le leggi precise di un'umida geometria fisica.
Si arrende d'un tratto con sorprendente docilità, e quasi non fa in tempo a sciogliersi in un sorriso che sa dell'abbandono semplice ed istintivo della sconfitta, che si ritrova con la faccia affondata dentro al cuscino ed una mano premuta in mezzo alle scapole. 
"Giù".

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