domenica 15 settembre 2013

15 Settembre 2515
Hall Point

Il bello della sofferenza fisica è che ti aiuta a rimettere tutto nella giusta prospettiva; mentre mi contorco in mezzo al bazaar e le grida di aiuto di una signora mi trafiggono il cervello tanto quanto i passi della security che sento rimbombare attraverso il pavimento metallico e poi direttamente attraverso le ossa fratturate.
La diagnosi è facile e la sento nell'attrito dei frammenti spezzati ogni volta che cerco di respirare o piangere o urlare. Non ci si rende conto di quanti millimetrici, infinitesimali movimenti faccia il nostro viso finché qualcuno non ti fa collassare le ossa -la tua stessa struttura portante, la consapevolezza improvvisa di essere solo ossa e sangue e dolore- su se stesse.
Ho gli occhi chiusi perché ho l'impressione che le taglienti luci al neon dello skyplex mi feriscano gli occhi più del dovuto. Sento la carne pulsare, gonfiarsi come un tumore o una ferita pronta a suppurare.
Eppure, anche con gli occhi chiusi so che è vicino. Un passo, forse due. Potrei allungarmi e prenderlo per una caviglia, forse. Ma tenermi le mani sulla faccia mi sembra la cosa più importante dell'intero universo. Forse così il dolore rimarrà contenuto fra l'occhio ed il mento, invece di scivolarmi addosso attraverso tutte le fibre di cui sono composta.
È ancora vicino, lo so. Per una frazione di secondo sento l'irrefrenabile desiderio di farmi esplodere il cervello e farlo schizzare dall'altra parte dell'universo e, possibilmente, ucciderlo. Un improvviso principio di mal di testa che prelude ad una scarica elettrica inconsueta ed innaturale fra le mie sinapsi.
No.
Devo respirare, concentrarmi, calmarmi.
Il mal di testa è sparito. Sento mani estranee che mi toccano e mi girano e voci maschili, più professionali che apprensive, che mi indagano. Continuo a tenere gli occhi chiusi, mi lascio sollevare per poi approdare su una barella scomoda, fredda.
Qualcuno mi tocca lo zigomo, tastando la frattura, e dopo una scarica lancinante di dolore, svengo.

*

Mi sveglio un paio di ore dopo. La testa è pesante ed indovino sulla pelle il segno di un ago; antidolorifici. Riesco a respirare senza aver voglia di strapparmi la faccia da sola, sradicando quello che ne resta.
L'infermeria di Hall Point è buia e odora di disinfettante. Chiudo di nuovo gli occhi. È così facile dormire, a volte.

Nessun commento:

Posta un commento