mercoledì 2 maggio 2012

3 Maggio 2514
Spazio profondo
Pod di salvataggio della Cecilia Carter


- Una seconda registrazione audiovisiva, ancora una volta non criptata.
Inquadrata la faccia di Eivor. Quasi priva di espressione. -



Sono passate ventinove ore dall’esplosione della Cecilia Carter.
Quindici dall’ultima registrazione.

Continuo a fluttuare nello spazio, immersa in uno strano connubio di luci al neon e buio illimitato.

Il segnale SOS del mio pod sembra funzionare alla perfezione.
Ma non vedo nessuna nave all’orizzonte.
Neppure quella dei Greyskins, se è per questo.

- Segue un minuto di silenzio. Eivor guarda lo schermo, assente. -

A volte ho l’impressione di fare fatica a respirare.
So che è soltanto autosuggestione: il pod è perfettamente in grado di mantenermi in vita per diversi giorni; ma l’aria è pesante e le pareti sempre più strette.

Cinque ore fa o giù di lì mi sono ricordata di avere ancora con me la mia pistola.
Quella che mi ha regalato Jack quando mi ha preso a bordo dell’Almost Home.
Il giorno in cui ho conosciuto James ed Eir.

Tanto tempo fa.

Soffocare è un brutto modo per morire.
Morire di fame sarebbe meno atroce: ma ho più cibo che ossigeno, senza ombra di dubbio.
La fame ti morde lo stomaco; le viscere ti si rivoltano contro, ma a lungo andare tendi a scivolare in uno stato di torpore e ti spegni lentamente, addormentandoti.

Soffocare è come annegare.
Veloce, ma non abbastanza.
Ti accorgi, sospiro dopo sospiro, di avvicinarti ad un punto in cui i tuoi polmoni cominceranno a dilatarsi invano, cercando di aggrapparsi disperatamente alle ultime molecole utili dentro questa gabbia di metallo destinata a perdersi nei recessi più profondi di..

- Singhiozza. Il monitor viene allontanato. Si inquadra un angolo del pod di salvataggio. La faccia di Eivor torna ad occupare lo schermo dopo qualche minuto. -

..questo non è neppure lo spazio.
È un liquido scuro e primigenio, da dove tutto ha origine e dove ogni cosa si nasconde.

Non vedo nessun Dio.


- Eivor si strappa dal collo un rosario. Lo lancia via. -

È buffo: ho irriso Evah Adams, pochi giorni fa (e sembrano millenni), per aver scelto di vivere in quell’assurda scatola di metallo che è Hall Point; in questo momento non posso immaginare nulla di più bello del Roadhouse, o di più buono degli spiedini di gomma che ho mangiato con Quinn, al chiosco fuori dallo spazioporto.

Sto razionando il cibo.
Non ha alcun senso, naturalmente.
Ma penso che sia lo spirito di sopravvivenza che è innato in ciascuno di noi: ed è quella parte di me che si rifiuta categoricamente di accettare l’idea di morire in questo modo idiota.

Ho sempre messo in conto di poter crepare giovane.
L’ho messo in conto durante la guerra e l’ho messo in conto di nuovo quando ho accettato di restare a bordo della Almost Home, anche dopo che Cole mi disse dei Dust Devils.

Ma mi immaginavo a crepare in maniera diversa.
Immaginavo che la mia morte avrebbe avuto un senso maggiore.
Invece forse nessuna morte ha davvero senso.

Continuo a chiedermi se un pilota migliore avrebbe potuto fare di meglio.
So che la risposta è sì.
Se solo quel laser non avesse stroncato i sistemi di sostentamento..

Mi chiedo che senso abbia questa registrazione.
Immagino che sentire il suono della propria voce, in questo silenzio assurdo e schiacciante, interrotto solo dal vago ronzio del pod.. sia un modo come un altro per non impazzire.

.. Tremila Greyskins.
Non posso crederci.

Non riesco a pensare a niente.

- La comunicazione si interrompe bruscamente. -

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